La cultura del Gaudo a Buccino: la necropoli di S. Antonio
Le tracce del popolamento preistorico nel territorio di
Buccino divengono particolarmente significative con la
prima fase dell’età dei Metalli.
Del cosiddetto
Eneolitico (o età del Rame) costituisce un’importante
testimonianza la necropoli scoperta e indagata nel 1969, in
località S. Antonio, su un ampio promontorio terrazzato,
che si eleva di circa cento metri sul fondovalle alla
confluenza del fiume Platano nel Tanagro.
La necropoli
rappresenta in Campania l'attestazione più meridionale
della cosiddetta cultura del Gaudo, che prende il nome dal
luogo del primo rinvenimento nel
territorio di Paestum e
caratterizza la regione, ma si estende anche in parte della
Puglia e della Basilicata e soprattutto nel Lazio.
Il rituale di sepoltura
La struttura delle tombe ed il
rituale funerario utilizzato sono quelli caratteristici
della cultura del Gaudo. Le tombe sono realizzate scavando
nel tenero calcare locale un pozzo circolare di accesso; da
questo, tramite un varco chiuso in genere da un portello in
pietra, si raggiunge la camera sepolcrale, di forma
irregolarmente circolare od ellittica. In alcune tombe
questa struttura è meglio definita, mentre altre, di minore
profondità e grandezza, hanno un pozzo non distinto
nettamente dalla cella.
Il rituale di sepoltura
prevedeva sempre l’inumazione. Il defunto, calato dal pozzo
di accesso, veniva deposto nella camera in una posizione
che poteva variare, da disteso supino a parzialmente
raccolto, forse per la scarsa disponibilità di spazio. Egli
era inoltre accompagnato da alcuni vasi e, nel caso degli
uomini, anche da alcune armi. E’ verosimile che queste
fossero tombe di famiglia, perciò destinate in genere ad
accogliere più defunti. Nel caso in cui la tomba fosse già
occupata, doveva quindi avere luogo, in forma rituale, lo
spostamento dei resti delle precedenti sepolture, che
potevano essere accantonate all’interno della stessa camera
o forse, in alcuni casi, raccolte in altre tombe dello
stesso gruppo familiare, che divenivano così una sorta di
ossari. Infine la camera veniva richiusa ed il pozzo
nuovamente riempito, forse con la dispersione rituale al
suo interno di alcuni vasi frammentati.
I corredi
funerari
La ceramica di questa cultura è molto
caratteristica. Tra le forme più originali si menzionano le
grandi brocche a collo decentrato (askòi), spesso
quadrangolari o triangolari alla base, le cosiddette
“saliere”, formate da due scodelle riunite da un unico
manico a ponticello, e le pissidi con il coperchio che
ricordano la forma della capanna.
Di particolare
bellezza sono le armi in selce, soprattutto i lunghi e
sottili pugnali ricavati con una tecnica di scheggiatura
particolarmente complessa.
Non mancano infine in queste
tombe le prime testimonianze di armi in rame, rappresentate
soprattutto da pugnali triangolari, in alcuni casi con
codolo. Queste armi, ancora assai rare e preziose, dovevano
rappresentare perciò la particolare importanza sociale del
defunto.